Per Martina
Il 7 ottobre c’eravamo anche noi al presidio promosso da Non Una Di Meno Roma per chiedere verità e giustizia per Martina Rossi ed essere vicine a Bruno e Franca, i suoi coraggiosi e tenaci genitori. Dieci anni fa Martina moriva a venti anni precipitando da un balcone di un hotel di Palma de Maiorca per sfuggire ad un tentativo di stupro da parte di Lorenzo Vanneschi e Alessandro Albertoni. In Spagna si parlò subito di suicidio. Da allora Bruno e Franca, convinti di ritrovarsi di fronte ad una tragedia in cui era chiaramente da escludersi il suicidio, iniziarono un lungo calvario perché fosse riconosciuta la verità dei fatti.
E’ bene ricordare brevemente questo travagliato iter giudiziario. La prima sentenza risale al dicembre del 2018 quando il tribunale di Arezzo condannò Albertoni e Vanneschi a sei anni di reclusione ciascuno per tentata violenza sessuale e per la morte come conseguenza, verdetto impugnato poi dalla difesa e ribaltato dalla Corte di Appello di Firenze che il 9 giugno del 2020 assolse i due imputati. In un nuovo processo di appello nel gennaio del 2021 fu demolita la sentenza di secondo grado, ma purtroppo nel frattempo il reato di morte come conseguenza era già andato prescritto. Durante l’udienza in Cassazione del 26 agosto a Roma si decise un rinvio assecondando il tentativo della difesa di arrivare alla prescrizione. Il 7 ottobre, pochi giorni prima della prescrizione del reato, è stato emesso il verdetto che finalmente condanna entrambi gli accusati a “soli” tre anni di carcere. Questo risultato è stato comunque accolto con soddisfazione dai genitori di Martina - che salutiamo con ammirazione e affetto- e da quanti e quante sono state vicini al loro dolore e alla loro ostinata volontà di restituire dignità e verità alla loro unica e amatissima figlia. Ci sono voluti ben 10 anni tra rinvii, tentativi di colpevolizzazione della vittima, strategie per la prescrizione dei reati! Noi siamo convinte che la giustizia debba avere tempi più rapidi e che la violenza sulle donne non possa e non debba mai andare in prescrizione.
La nostra appena conclusa mostra nazionale “Oltre Dafne, fermare Apollo” ci ha ricordato come il consenso della ninfa Dafne, costretta a trasformarsi in un albero di alloro, non fu nemmeno considerato da Apollo, di come il dio approfittò del suo potere e di come si appropriò dell’alloro: una strategia che da millenni si ripete. Noi vogliamo che i nostri no non vengano mai ignorati, vogliamo essere rispettate e desideriamo fortemente restare vive. Chiediamo e pretendiamo giustizia per tutte le donne abusate, violentate, uccise. Lo chiediamo con decisione da tempo, da quel lontano 1979 quando, insieme a tutto il femminismo italiano, raccogliemmo le 300.000 firme su una proposta di legge delle donne contro lo stupro, per rivendicare per tutte il diritto all’inviolabilità del corpo e della mente. Sempre e ovunque.
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